martedì 24 marzo 2009

SIAMO FATTI.

Poi le nostre ambizioni si sono fatte fottere, tutte. E poi mi ritrovo a bestemmiare assuefatto da componenti chimiche che non sono mai state nel mio corpo. Andiamo a farci per favore. Daremo fuco alle nostre cartine e incominceremo a farci leggere. Ti ricordi di quando andavamo a viverci sotto i ponti della periferia? E a dirci che illuderci sarebbe stato meglio di amarci? Siamo fatti. Siamo fatti di parole inchiodate al muro. Poi mi dice che mi vede distante. Possiamo ritrovarci sotto i capelli delle nostre lune storte. Ricordi quando siamo andati a vederci gli occhi sotto le coperte con le torce? Mi ricordo che puntandoti la luce negl’ occhi le tue pupille migliori si facevano piccole come una formica. Poi ci siamo arruolati con i nostri corpi, quasi per sembrare una persona unica. Ci siamo fatti troppo. E dopo qualche minuto mi sono ritrovato con il mio pigiama azzurro sul tuo cuscino, con te davanti a me. Ti toccavo i capelli. E tu mi chiedevi se ti stavo facendo le trecce, la mia risposta “no” ti ha lasciato perplessa quando la mia risposta seguitava a dire che avrei voluto contarti tutti i capelli. Ce la stavo mettendo tutta, ma alla fine non ci sono riuscito. E le giornate a rompere i telefoni con i nostri pianti. Le giornate a scrivere sui muri frasi che mi ricordavano te. Passare giornate a stare zitto con i miei amici. Io sono sempre stato l’unico a rincorrerti. Non ti sei mai fatta vedere correre. Aspetto che tu citofoni un giorno al mio cancello. Aspetterò quell’allarme, che poi è un allarme, come lei dice. Troppo fiato sprecato, troppe parole buttate e quella puttana che continua a spacciare le parole che non sono le mie. Spacceremo ancora il fumo nelle nostre vene. Spacceremo noi stessi in balia delle onde della vita orientata verso una infallibile perdita di stile. Vorrei che tu mi insegni ancora il francese. Sapevi che io ero li che non capivo nemmeno il mio nome in francese. Eri la mia pornodiva. Eri la mia nota migliore. Eri la mia crescita interiore che poi ho calpestato come un fiore di papavero. Poi vedremo ogni tipo di persona nel 551. Negri, rumeni, punkettoni, gente dall’alito mal odorante, chitarristi, truzzi, terroni, metallari, zecche, gabberini, carabinieri e noi. Poi continuo a dormire da solo da un 2 anni a questa parte. Non siamo più coabitati da qualcuno. Poi hanno lasciato studiare per i nostri esaurimenti mentali, il mio soffitto incomincia a diventare nero, dato che la finestra è perennemente chiusa. Devo incominciare a spruzzare la varecchina. Ho detto ai miei amici che quando morirò devono mettere “la vie en rose” è una canzone da funerale. Le corna degli amanti mai amati. Le corna inutili. Dopo ti ritornano indietro e non saprai più come guardare le persone. Non sapremo come guardare le persone. Fotograferemo i cieli di Roma, e foto per foto le attaccheremo al soffitto.