mercoledì 15 luglio 2009

il rumore di tutti

Il rumore dell’Angnina è uguale al rumore di tutti giorni, si aggiunge a scatti il rombare delle marmitte cinesi delle moto da corsa. E andava tutto bene. Te la passo la bottiglia per farti un buon tiro con il secchio. Te la passo. Ma presentati serio, vivo, sincero, schietto senza alcuna paura di dirmi qualcosa. I tuo aforismi sbagliati e malati. Solo per il fatto che tu.. beh tu sei maturo! Tu sei il figlio di tutti! Tu sei un povero ebete! E ti tirerei tanti di quei pomodori in faccia che non te lo immagini nemmeno. Io spero solo che te ne accorgi. E nemmeno meriti tutta questa importanza. È soltanto che ora mi gira il cazzo. Cazzo!. Tu come vai? Gli assassini siamo noi. Uccidiamo noi stessi ogni giorno per rinascere con più ferite e più tagli e emarginiamo il nostro cuore verso gli altri. Aggiungo spine e spine sulla mia corazza di diamante che non dovrebbe rompersi ma sento dolore. Quello che vorremo vedere è un castello, quello è un altro mistero. Io sono un mistero. Non mi sporgo e sto bene. Il rumore di te viene coperto da quello di tutti. Faccio quello che credo sia più opportuno per il mio corpo. Mi stenderò davanti al sole. E mi affiderò a lui. Ho sputato sulla asfalto questa mattina dalla macchina al semaforo rosso, mi giro un attimo per parlare con mio padre di cazzate muovo il capo dal finestrino e il catarro per terra si era asciugato. Temperatura media 38° C e il nostro corpo? Trasuderemo anche noi stessi questi giorni.

farci con il secchio.

Ok. Abbiamo dedicato tutta la giornata all’ozio e al farsi con il secchio. Lunghi tiri che andavano pure contro dio. Ho fatto del mio corpo catarro e del catrame. Avevamo un posto fisso per cui farci e succhiare, addirittura in villa. Che poi ti ho visto anche oggi seppur poco, si ti ho visto e ci siamo anche salutati con discrezione e compassione. Eri con una vecchietta alla fermata del bus che mi voleva cedere il posto accanto a te. ma con il mio pensare in quel momento ho preferito andare a casa. L’ho preferito. E perché non sei indicibile anzi ma preferivo andare a pregare per qualcuno che non c’era sudando sul letto con una penna imbocca a sottolineare il libro di Renbaud. Lui è un maledetto, peggio di me.. io non ho lessico. Ma credo di esserlo peggio di lui. Siamo come le chitarre nella striscia di morfina e metadone che ti lasciano i pink floyd nei sogni e nel momento dello sfascio in villa con il secchio. Con l’impastatura secca della calce. Devi amarmi come l’acqua. Devi odiarmi come l’acqua distillata. E i bisturi per tagliarci la bocca ai lati. Tornare a vomitare sui giardini dell’eden dove spesso dio ci caga addosso. E il diavolo ci scriveva le malefatte per corromperci. Ci firmava le cambiali per la nostra vita in sfacelo. Io spero che tu nota il mio atteggiamento, non sarò più uguale il lavoro permette una causa effetto. Più che alla droga leggera da senso di presenza in te stesso. grande cazzata. Fuoriesco dalla terra con i vermi in mano. I vermi che mi escono dai muscoli, e il cuore marcio come un kakì marcito al solo con i vermi e fuoriescono. Il problema sono io. Fermami le mani cervello capisci bene e riposati. Che poi non sono cosi. Non sono cosi. Non sono cosi. Mi odio? Possiedo un’avversione dentro di me assurda che allucina anche il sole.