domenica 22 marzo 2009

CEMENTIFICATI.

E poi giocheremo ancora. Un ultimo nostro gioco. Ci faremo murare vivi. Ci faremo cementificare. Per non lasciarci più. Poi canteremo “La Vie En Rose”. E se l’ascolti non è nemmeno tanto brutta per una morte in due nel cemento. E mi dici che senti un rumore strano, ti rispondo che tanto è solo il cemento che scende e fa troppo rumore, poi mi dici tutto quello che avresti voluto dirmi in tutti questi anni, io ridendo ti ho baciato. Facevamo giochi strani però ci sentivamo un po’ vivi in quella strana morte. È-solo-il-cemento-che-fa-troppo-rumore. È-solo-il-cemento-che-fa-troppo-rumore. E gli operai non si sono nemmeno accorti che eravamo in quelle fondamenta per formare un muro portante di un palazzo di 38 piani. Sentiamo gridare più forte, chiudiamo gli occhi e il cemento ci copre. E “la vie en rose” incomincia a non sentirsi più. Le scatole le abbiamo lasciate a casa. Questa volta il gioco ha avuto la meglio.

ORMAI HO PERSO UN ALTRO TRENO.

Ti cercavo per citofonarti ma tu eri nel bagno a commentare le mie poesie. E non mi hai risposto. Poi scopro che abbiamo perso un altro treno. I fiori li vedi sono nel cesso. E tu mi chiamavi dal balcone con la tua lunga sciarpa nera. Mi chiamavi per sentirci le nostre frasi piene di mastice stringerci la gola. Sappiamo che ci incantiamo come siamo, e non vorremo mai trasformarci. De Gregori dice: “ Però non mi confondere con niente, e con nessuno.. e vedrai che niente e nessuno ti confonderà.” E vederci le dita. E vederci le mani. Ancora. Poi mi dicono che pensiamo le stesse cose. E credo di essere simili. Se mi dai un dito, io ti prenderò forse tutto il braccio. Poi mi vedo abbaiare alle macchine per chiamare i nostri amici o padroni. Oggi al Wizard ho messo le mie dita nella cera, la falangetta del dito indice era sporca di paraffina, mi ero promesso di tenerla fino al mio ritorno a casa, e conservare le mie impronte digitali nel cassetto. Ma come tutto ciò che cerco di conservare e di proteggere la distruggo. Le distruggo cosi per gioco. Mia madre è sempre li che mi dice quello che devo fare, cerca di proteggermi. Tu mi distruggi, non so per quale motivo. I tuoi morsi giuro mi serviranno. Poi ci rincontreremo tra troppe ore. E mi dirai troppe cose inutili e futili alla mia sopravvivenza. Poi suonare sull’ asfalto rannicchiato nascosto fra le ortensie, fra i papaveri e le ortiche di casa tua. mi metterò paura solo per i sguardi ignari che conosco. Non succederà mai. Oramai le mie orme sono disperse per altri luoghi, ma mi piace giocare con i tuoi occhi e a contare i tuoi innumerevoli capelli. Magari sul tuo letto imbrattato dai mie pennarelli indelebili di cui le frasi nascono da 4 mani. I miei giochi ormai li sai già. Però non ci sto. Non ci sto. Non sto. Magari andremo da qualche parte dove non ho mai portato nessuno. Ora cancellerò ogni cosa. E ricomincerò a darmi pace. Incomincerò a prendere la carta vetrata per pulire il muro della mia camera. Incominceremo a fare gli auguri a tutti. Useremo ancora bene la punteggiatura. Ricorda i fiori nella cesso sono tutto quel che resta, e quel che resta e tutto quel che hai.