mercoledì 15 aprile 2009

IL GIORNO DELLE LACRIME E DEL DOLORE

Che poi i nostri organi (cuori) sono come gli amplificatori valvolari. Ci mettono sempre più tempo dei transistor a scaldarsi e percepire emozioni, però sono sempre i più deboli. Abbiamo il RE della chitarra sfasciato, pronto a schizzare ed a entrarci nell’occhio. E i gatti partoriscono nelle cucce dei cani. Io vengo partorito da me stesso ogni giorno quando mi alzo da letto. Abbiamo chiuso il lucchetto al cancello sotto la pioggia. Abbiamo chiuso quelli del mio e del tuo cuore. Non so come hai fatto ma lo hai aperto e poi sei scomparsa. Serve un po’ di carta vetrata. Serve solo per il semplice fatto di togliere molti ricordi dal muro di casa. Abbiamo preso una decisone. L’ho pensato e ciò comporta il fatto di farlo. Vorrei che tu fossi il mio veleno. Avevi scritto con il carbone del fuco sul cemento di casa che affacciava alle nuvole cariche di fulmini, che mi amavi. Avevamo pensato che l’America fosse solo un sogno, ancora lo è. Che poi toccarci non sarebbe affatto stato di conforto. Che poi baciarci non sarebbe stato di conforto. E l’aperitivi vengono offerti dai barboni. Ti avrei voluto stampare su carta lucida, strapparti e rincollarti, poi continuare a strapparti e rincollarti. Vorrei solo che ti abbia cura di me. Poi abbiamo parlato sulla panchina rotta delle varie storie andate a puttane, delle storie finite male e delle storie che potrebbero succedere. Non avrò mai un po’ di me. Bionici erano i giorni delle lacrime e dei dolori. I deliri allucinanti. Abbiamo scoperto poi che si può ridere anche se non ci vediamo. Sei una pillola, sei la pillola che vorrei ingoiare ogni giorno. Poi vorrei aiutarti a capirmi. Poi le sigarette spente sulle mani solo perché dici che ti intossico e quello che ti dico ti pesa. Se giochi è finita. Se giochi sei destinato a morire con lui/lei. Saremo estinti per essere cosi belli e implacabili alla ricerca di noi stessi. Personalmente giocherei a scrivere di me. Notte stella! però dopo muori.